I giochi psicologici

IL TRIANGOLO DRAMMATICO

Vi siete mai detti:

  • “Perché continua succedermi questo?”
  • “Come mai mi è successo di nuovo?”
  • “Pensavo che lui\lei fosse diverso dagli altri invece…”

Se avete fatto questo, molto probabilmente state effettuando o avete fatto un gioco psicologico.

Ecco un esempio di gioco:
Anna e Mario si conoscono da tempo. Anna è abituata a porsi, nei confronti di Mario, in una posizione di Bambino Adattato Indigente che necessita, di quando in quando, dell’aiuto e del conforto del Genitore Affettivo di Mario.Da questa relazione simbiotica si passa al gioco vero e proprio quando, ad esempio, Anna deve risolvere un problema urgente e chiede dunque consiglio a Mario.
Mario comincia a illustrare una serie di possibili soluzioni ma Anna, ad una ad una, le scarta tutte, trovando sempre qualcosa che non va. Ad un certo punto, avviene il cambiamento: Anna si rivolge leggermente irritata a Mario, affermando che i suggerimenti avuti non gli sono di gran aiuto (Genitore Normativo). Mario, dal canto suo, si sente frustrato (Bambino Adattato), poiché non è riuscito a sostenere il proprio ruolo abituale nella relazione. (1)

Entrambi effettuano dunque un cambiamento di ruolo e di stato dell’Io, ed entrambi provano uno stato d’animo spiacevole.

CARATTERISTICHE TIPICHE DEI GIOCHI

Alcune caratteristiche tipiche dei giochi sono:

  • I giochi sono ripetitivi: ogni persona gioca il suo gioco preferito più e più volte nel tempo. Le circostanze e gli altri giocatori possono variare, ma lo schema del gioco rimane sempre uguale.
  • I giochi sono giocati senza la consapevolezza dell’Adulto: la persona non è consapevole nonostante la ripetizione continua dei giochi: è solo nelle parti finali del gioco che il giocatore può chiedersi: “Com’è possibile che questo sia successo di nuovo?”. Anche a quel punto, la persona di solito non è consapevole di aver contribuito essa stessa allo svolgersi e al compimento del gioco.
  • I giochi comportano uno scambio di transazioni ulteriori trai giocatori: nei giochi avviene sempre a livello psicologico qualcosa di diverso da ciò che sembra accadere a livello sociale.
  • I giochi comportano sempre un momento di sorpresa o confusione: il giocatore ha la sensazione che sia successo qualcosa e di fatto vi è uno scambio di ruoli e di stati dell’Io nei giocatori.
  • I giochi terminano con i giocatori che provano un’emozione parassita (malessere e disagio)

GRADI DIVERSI DI GIOCHI

I giochi possono essere giocati a gradi diversi di intensità:

  • Un gioco di primo grado ha un esito che il giocatore è disposto a condividere nella propria cerchia sociale.
    In realtà i giochi di primo grado costituiscono di solito una grossa fetta della strutturazione del tempo nelle feste e raduni sociali.
  • I giochi di secondo grado portano a esiti più pesanti, di un tipo che il giocatore preferirebbe non rendere pubblico nella propria cerchia sociale.
  • Un gioco di terzo grado, per usare le parole di Berne, “è il gioco senza esclusione di colpi, che si conclude in clinica, al tribunale o all’obitorio”

“PERCHE’ CERCO DI AIUTARE E RICEVO CALCI?”

(esempio di gioco: IL TRIANGOLO DRAMMATICO)

Karpam osservò che i giochi contengono gli stessi elementi del dramma greco e sono costituiti da un sistema chiuso, il triangolo, nel quale delle persone rivestono il ruolo di Persecutore, Vittima, e Salvatore, e occupano ciascuna un angolo del triangolo.

Un Salvatore è una persona che considera “non OK”, reagisce offrendo loro aiuto da una posizione di superiorità (“Io so più di te, che sei incompetente”).

Un Persecutore reputa gli altri inferiori a lui e “Non Ok”, li sminuisce e li schiaccia (“Io sono migliore di te, che sei inferiore”).

Una Vittima è una persona che si considera inferiore e “non Ok”. Talvolta la vittima cercherà un Persecutore che la metta in posizione d’inferiorità e la tratti male. Oppure potrà andare alla ricerca di un Salvatore che le offra aiuto e le confermi nella sua convinzione: “Io non ce la faccio da solo”.

Ognuno dei ruoli del triangolo drammatico comporta una svalutazione: una Vittima svaluta se stessa, mentre sia il Persecutore che il Salvatore svalutano gli altri. Tali ruoli sono di fatti intercambiabili, in quanto i protagonisti possono agirli anche tutti, a seconda delle fasi del gioco che stanno portando avanti. Così, nell’esempio precedente, Anna si è spostata da un ruolo di Vittima a quello di Persecutore, mentre Mario è passato dal ruolo di Salvatore a quello di Vittima.

AIUTARE L’ALTRO E’ SVALUTARE?

“Aiutare” non significa salvare se l’aiuto ci è stato esplicitamente richiesto, se quando offriamo aiuto intendiamo veramente farlo o se precisiamo quello che siamo disposti a fare.
“Poverina, guarda com’è ridotta la tua casa! E tuo marito non ti dà una mano! Tu e io riusciremmo a imbiancarla tutta in un paio di giorni!”. E’ un’esca che gettate mentre vi disponete ad assumere il ruolo di Salvatore.
Se, quando vi viene chiesto aiuto, rispondete: “Posso aiutarti a imbiancare la casa sabato prossimo”, date realmente un aiuto.
Se, dopo aver prestato il vostro aiuto, siete furibonda perché avete rovinato i vostri jeans nuovi e avete sacrificato il vostro unico giorno libero e la vostra amica non vi ha detto neppure grazie, avete scelto di diventare Vittima. Siete nel triangolo e vi dirigete verso l’angolo del Persecutore: “Non farò mai più niente per lei”. E vi avviate verso il telefono per dirglielo.


Bibliografia:
(1) L’analisi transazionale nelle organizzazioni, di Mario Giuli, Franco Angeli, Milano.
Ian Stewart, Vann Joines – “L’analisi transazionale”- Guida alla psicologia dei rapporti umani, Garzanti 1987.
Stan Wollams, Michael Brown – “Analisi Transazionale” – Psicoterapia della persona e delle relazioni, Cittadella Editrice, 1985.
Amy Bjork Harris, Thomas A.Harris, Sentirsi Ok, Ed. Frassinelli, 1985.

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