Abstract
L’articolo espone a grandi linee le basi teoriche dell’Analisi Funzionale, in particolare soffermandosi sui concetti di Reich di energia primaria (orgone), pulsazione ed espansione/contrazione e sulla rielaborazione teorica compiuta da W.Davis con l’utilizzo dei termini instroke ed outstroke. Vengono poi analizzati il ruolo del tessuto connettivo e del tessuto muscolare, funzionalmente interconnessi, nella registrazione delle traumatizzazioni avvenute nel corso dello sviluppo individuale, che hanno dato luogo alla formazione delle diverse corazze caratteriali e viene descritto come il tocco corporeo, e il corrispondente tocco verbale, attraverso un processo di rilassamento (instroke), possano rimettere in moto l’energia bloccata, producendo un cambiamento profondo, che si rifletterà sui diversi piani, emotivo, cognitivo, relazionale, lavorando al di sotto delle difese e lasciando che il materiale biografico emerga da sé. Vengono messi in rilievo, anche sulla base di esempli clinici concreti, alcuni elementi fondamentali del lavoro terapeutico, come l’opportunità di porre attenzione al grado di piacere che la persona si permette di provare nella sua vita, cercando di ampliarlo, e la necessità di non assecondare le richieste implicite del paziente, che riflettono la sua struttura caratteriale inibente.
Viene sottolineata l’importanza dello spazio vitale della persona, perché solo se esiste uno spazio definito e separato, una membrana di separazione, la pulsazione e la vita stessa possono avvenire. Il terapeuta, deve, quindi, anche saper prendere le distanze, interrompendo il tocco o stando in silenzio, per lasciare spazio alla persona di riorganizzarsi, di passare dalla concentrazione sullo stimolo esterno alla ocalizzazione sul proprio processo interno, in modo da cogliere ciò che è necessario per la propria evoluzione e riprendere il percorso interrotto, che la porterà a realizzare pienamente sé stessa.
Keywords: tessuto connettivo, outstroke-instroke, movimento pulsatorio, corazza caratteriale, Sé originario
L’AF è un modello di autorigenerazione dell’organismo e un processo psico-corporeo che trae origine dagli studi di Davis (1984) sull’energia vitale e da oltre 40 anni di esperienza nel campo terapeutico. Nello specifico, si rifà al concetto di pulsazione di Reich, al lavoro di Positional Release di Lawrence Jones, alla teoria relativa ai tessuti connettivi di Ida Rolf, al lavoro sul corpo della Radix di Charles Kelley, al lavoro verbale del gestaltista Fritz Perls e al pensiero umanistico di C. Rogers. È un trattamento che si basa sul tocco corporeo e su un corrispondente tocco verbale, sufficienti per mobilizzare l’energia vitale bloccata e le risorse proprie di ciascun organismo (Davis,1991). Difatti, nella natura come negli esseri viventi, possiamo riscontrare un movimento pulsatorio, proprio dell’energia vitale.
Fu W. Reich a postulare l’esistenza di un’energia primaria, un processo creativo in sé stesso, un substrato in cui tutto può esistere e iniziare ad avere vita, dalla materia inerte agli organismi viventi (Reich, 2010) a cui diede il nome di orgone (Reich,2010), in onore degli studi sulla sessualità di Freud da cui era stato fortemente influenzato. Reich considera l’orgone come l’energia da cui tutto si struttura e prende forma, che ha una tendenza a organizzarsi in strutture sempre più complesse, come gli organismi viventi. In questa visione, anche le emozioni, i movimenti, i pensieri, le sensazioni, nonché tutte le nostre attività e
funzioni risultano, in ultima analisi, una conseguenza di questo funzionamento primario. Davis pone il focus sul funzionamento primario, dove tutto ha origine e dove l’organismo può giungere gradualmente per ri-trovarsi e ri-generarsi. Tutto ciò che accade nella vita della persona viene letto come conseguenza di ciò che accade a un livello più profondo di funzionamento, e cambiando quest’ultimo, si riscontrano conseguenze su tutti gli altri piani. Per questa ragione tutto il materiale storico e biografico è d’interesse solo per comprendere il contesto della persona e, in base al suo funzionamento, rilevare nel corso della terapia se emergano delle novità. Non si lavora con il materiale biografico, ma andando direttamente a
questo livello primario e originario della persona: questo processo è definito da Davis lavorare al di sotto delle difese caratteriali. Per lavorare a questo livello è importante cogliere alcuni concetti basilari dell’orgone.
Davis pone particolare attenzione alla caratteristica della pulsazione dell’energia e la inserisce alla base del suo metodo: la ritroviamo nella qualità del tocco nella tecnica “Points & Positions”, che caratterizza il lavoro corporeo, nella qualità del processo verbale, nel colloquio di ogni singola seduta e nell’intero processo terapeutico. La pulsazione è il movimento dell’organismo dal nucleo alla sua periferia e viceversa, in fasi alternate definite da Reich espansione e contrazione. (i) In condizioni ottimali, l’espansione è caratterizzata dal movimento dal centro alla sua massima periferia e la contrazione è il ritorno completo dalla periferia al centro. Questa piena pulsazione dal centro alla periferia, nel corso della vita della persona, può aver avuto impedimenti ambientali tali per cui l’organismo ha dovuto difendersi per preservarsi. Quanto più la percezione dell’attacco è avvenuta vicino alla fase uterina, tanto più la difesa si è manifestata come contrazione plasmatica; viceversa, quanto più l’organismo è andato avanti nella linea evolutiva, tanto più ha avuto a disposizione capacità di contrarsi muscolarmente.
Quindi nel corso dello sviluppo, le traumatizzazioni possono talvolta essere registrate e trattenute nel tessuto connettivo-plasmatico, quello più antico e primario, mentre, altre volte, quando si verificano in una fase più avanzata, possono essere registrate a livello muscolare. Infatti più l’organismo è maturo, più è riuscito a sviluppare capacità muscolari e cognitive e a realizzare una difesa a livello neuromuscolare e periferico, mentre meno l’organismo è evoluto, più dispone di difese primarie, come avviene negli organismi unicellulari (Reich, 1964). Davis parla in tal senso di due grandi gruppi di armature caratteriali: prevalentemente plasmatiche e prevalentemente muscolari. Ma dato che il tessuto connettivo avvolge anche il muscolo ed è presente anche al suo interno, lavorando in sinergia e costituendo insieme il sistema mio-fasciale– che sostiene e collega tutte le unità funzionali del corpo– a un certo livello evolutivo, possiamo parlare di difese che coinvolgono sia tessuto connettivo che tessuto muscolare, creando un continuum e impedendo, in tal modo, una differenziazione così netta delle armature caratteriali.
Ma ciò che interessa di più a Davis è il funzionamento del tessuto connettivo, che ha come caratteristica basilare la sua capacità elastica che gli permette di allungarsi e di ritornare alla sua forma originaria se sottoposto a pressione, calore o elettricità. Così come lo stress si trasmette da una parte all’altra del corpo in modo sistemico tramite il tessuto connettivo, così toccandolo si può lavorare a livello dell’intero organismo. Ecco perché, nel trattamento corporeo tramite “Points & Positions”, facendo pressione su una data area del corpo si può avere una risposta in un’altra zona (vedi il concetto di anisotropia). (II)
Nella tecnica “Points & Positions” il tocco è profondo, ma delicato, indirizzato al tessuto connettivo perché costituisce la matrice originaria dell’organismo, che non solo è presente ovunque, ma ne forma la struttura architettonica. Pertanto, toccando la persona a questo livello, le informazioni si diffondono ovunque. Il tessuto connettivo formando un sistema tenso-integrato (iii) permette, grazie a un tocco
che fornisce uno stimolo minimo all’organismo, una distribuzione dell’informazione diffusa e profonda perché va a toccare la difesa primaria, ma anche omogenea per il fatto che con il muscolo costituisce un unico sistema. Il tocco fornisce solo uno stimolo, è l’organismo che lo registra e lo fa proprio, grazie alle proprietà del tessuto connettivo. E siccome questo tessuto è alla base dell’organismo, esso è nel modello teorico di Davis il mezzo attraverso il quale l’organismo si ristruttura in modo armonico, è il modo tramite il quale si può attivare il processo di instroke grazie al quale l’organismo approfondisce sempre di più il contatto con sé stesso: grazie al tessuto connettivo, si può giungere a quelle parti del corpo che non sono state corazzate, accedendo direttamente alla parte nucleare della persona.
Attraverso il tocco è possibile individuare la qualità e la stratificazione stessa dei tessuti che ci raccontano la storia evolutiva della persona. Se a livello più profondo troviamo tessuto fibroso, corrispondente a tessuto connettivo disidratato, sapremo che quella persona ha dovuto difendersi a livello plasmatico, e ciò ci comunica che ha subito una traumatizzazione primitiva. Sappiamo infatti che la forma di difesa utilizzata dalla persona si manifesta nella qualità del tessuto: infatti, più l’organismo è giovane, meno ha sviluppato una risposta aggressiva adeguata per difendersi e tanto più ha sviluppato una risposta contrattiva iscritta nel tessuto connettivo (Davis ,2018). Pertanto, più la persona è andata avanti nell’acquisizione di competenze evolutive, più toccheremo tessuto muscolare. (iv)
Il tocco è neutro, ed è ritmato, con fasi che comprendono: appoggiare il dito, fare pressione, rilasciare. Il contatto migliore che il terapeuta possa offrire al paziente è un contatto neutro, senza intenzionalità, semplice, netto e definito. È molto importante che il tocco sia senza sbavature, perché definisce il contatto di confine tra due persone. Il terapeuta avrà il difficile compito di fornire un contatto personale, ma ugualmente separato e definito, così come avviene nel colloquio verbale. Nel lavoro verbale, infatti, l’atteggiamento del terapeuta è fondamentale: aperto, centrato, accogliente. Il tocco corporeo, come quello verbale, ha una pressione: si preme e si dice tanto quanto si sente rispetto alla difesa della persona, stando attenti a non superarla. Questa soglia di tollerabilità (v) dell’organismo può essere calibrata con la persona a livello cosciente, chiedendo espressamente fino a dove arrivare con il tocco. Anche a livello verbale, il processo è altrettanto sottile: a volte la persona dice esplicitamente di non voler parlare
apertamente di un dato tema, anche se più spesso è il terapeuta a modulare la soglia, in base a quello che dice il paziente. Considerando che le emozioni nucleari sono il piacere e il dolore, e che l’AF è interessata a mobilizzare l’instroke perché la persona possa riprendere ad avere un contatto pieno con se stessa e conseguentemente con il mondo, è di maggior interesse per il terapeuta focalizzarsi su quanto piacere c’è nella vita della persona, sul modo in cui il piacere viene bloccato o limitato e portare l’attenzione su come aumentare questa soglia, superata la quale, l’organismo percepisce intollerabile la stessa spinta vitale. Alla base di tutto c’è questo movimento che in qualche momento è stato deviato, bloccato, limitato, e ciò che interessa non è tanto tutto ciò che ne deriva come problematicità nella vita della persona, ma la spinta stessa. Il tocco è ritmato, fornendo così alla persona che lo riceve la sensazione di presenza. Resta, inoltre, sempre identico, in modo che la persona possa smettere di focalizzare l’attenzione sullo stimolo esterno e rivolgerla pian piano verso un processo interiore: passa gradualmente dalla percezione dello spazio esteriore a quella dello spazio interiore. È in questa fase di rilassamento che l’organismo compie un processo autorigenerativo.
Come il contatto verbale ha un ritmo, cioè posso avvicinarmi alla persona per un dato tempo, rimanere con lei per un dato momento e poi distanziarmi, così avviene col tocco. Il ritmo del tocco come quello dello stimolo verbale è attento al ritmo che segue la pulsazione della persona, pur non ricalcandola, nel senso che inizialmente la persona che si sdraia arriverà con il proprio stato caratteriale, e man mano, attraverso il trattamento, avvierà il processo di raccoglimento. A quel punto il tocco potrebbe cambiare il ritmo a seconda della risposta della persona. Considerando che l’obiettivo è mobilizzare il processo di instroke, si lascerà il tocco nel momento in cui si percepisce il rifluire dell’organismo verso l’interno e, contemporaneamente, si lascerà, con un momento di silenzio, spazio alla persona per incorporare un’idea, un pensiero, un’emozione…
Il distanziamento è necessario sia come pausa nel tocco, sia come silenzio che si tiene nel colloquio verbale. Il silenzio diventa lo spazio entro il quale l’organismo si riorganizza sia nel lavoro verbale sia in quello corporeo: quando non si tocca, si lascia lo spazio all’altro. Lasciare lo spazio all’altro è fondamentale; considerando che ogni organismo ha avuto impedimenti ambientali alla propria naturale pulsazione, possiamo dire che, in diversa misura, gli è stato impedito di avere uno spazio appropriato al proprio sviluppo: lo schizoide si è contratto globalmente riducendo al minimo la sua pulsazione; l’orale ha cercato un contatto e continua a farlo in modo ostinato, riducendo la propria pulsazione ad essere ossessivamente bloccata; il simbiotico, bloccato in un continuo tentativo di individuazione, ha una pulsazione limitata e continuamente in ritirata; il masochista non ha avuto la possibilità di imporsi, quindi difende il proprio spazio in modo tenace; il narcisista, desidera manifestare il proprio vero Sé, che non ha avuto uno spazio per essere accolto; l’isterica, come il rigido, occupa il proprio spazio con una stratificazione che, nuovamente, nasconde la personalità originaria. Se non esiste uno spazio definito, confinato, non è possibile la pulsazione o meglio la vita stessa (vi).
La pulsazione avviene nel momento in cui esiste una membrana entro la quale l’energia può muoversi. Lo spazio precorre il tempo della pulsazione e ne è la condizione necessaria per definire la qualità della pulsazione. Lo schizoide possiede uno spazio ristretto entro il quale muoversi, dato dai tessuti disidratati, a causa di una contrazione originaria, cosa che contrasta con l’avere un campo di energia esteso: non è un caso che gli schizoidi siano persone molto attente, ipervigili agli stimoli esterni, con una spiccata sensibilità. Lo schizoide è limitato nel proprio movimento interno tanto quanto in quello esterno: ha poche amicizie, è abitudinario, frequenta sempre gli stessi luoghi. Nel corso del trattamento quando amplia la sua capacità di pulsare, ritroveremo anche cambiamenti a vari livelli, riassumibili in un ampliamento dello spazio mentale, emotivo, relazionale… Ricordo un paziente che dopo un anno di terapia, iniziò a spostarsi da una casa all’altra e, rimandandogli il fatto che iniziasse a muoversi di più, lui sorprendendomi, mi disse che non era questione di movimento, ma di spazio… In effetti senza uno spazio entro il quale pulsare, il movimento non avviene. Il movimento pulsatorio non è nient’altro che la conseguenza di uno spazio preciso.
Diventa così fondamentale saper calibrare gli spazi di intervento nella terapia, tenendo sempre presente quale valore intrinseco ha per la persona il proprio spazio. Una paziente con tratti orali, che si prodiga tanto per gli altri, trascurando sé stessa, ha raccontato di provare fastidio perché le era stato cambiato il reparto in cui lavora e non lo sentiva il posto giusto per lei e che un giorno, passeggiando con il cane, ha sentito che si stava prendendo del tempo per sé. Questi due modi di intendere il proprio spazio sono funzionalmente identici, perché indicano un ampliamento del proprio spazio vitale. La paziente ha iniziato a valutare quale spazio le risulta piacevole e di conseguenza a riconosce anche ciò che non le piace. Possiamo pensare che il processo di condensazione attivato dal processo di instroke stia giungendo alla coscienza; infatti il processo di instroke è generatore di unità: quando si raggiunge un picco di profondità durante la fase di raccoglimento, ciò che prima si coglieva in modo frammentario inizia a prendere una forma più condensata. La stessa paziente mi ha riferito che il rimuginio stava diminuendo e stava ampliando il proprio modo di pensare collegando, ad esempio, i propri sintomi alla sua condizione generale e non considerandoli singolarmente in modo ossessivo, che è equivalente al pensiero ricorrente (rimuginio).
Questo è un esempio di come la pulsazione stia cambiando, diventando più ampia e ciò si riflette nel suo modo di pensare, di comportarsi e nell’esprimere diverse emozioni. Spesso quando si amplia la pulsazione si ritrovano riscontri anche a livello fisico, ossia il corpo diventa anch’esso “più largo”. Un mio paziente con tratti schizoidi precoci, quando ha iniziato il processo di instroke, ha ridefinito la propria identità di artista e ha iniziato a prendersi il proprio spazio personale, esponendosi di più in modo diretto e non nascondendosi dietro a “un gruppo musicale”; al contempo, ha accresciuto la sua sensibilità interna, commuovendosi di più e mostrando agli altri il proprio stato emotivo. Infatti, essendo due movimenti dello stesso organismo, tutto ciò che accade nel movimento di raccoglimento avviene anche in quello di espansione, ossia il movimento interno è esattamente l’immagine speculare di quello esterno. Ciò implica che ciò che si sperimenta nel trattamento del corpo emerge in modo evidente anche nella successiva fase di espansione. Così un miglior contatto con sé stessi nella fase di raccoglimento porterà a un maggiore contatto con l’altro nella fase di espansione. Tutti i cambiamenti della persona a livello esteriore sono il riflesso naturale di quanto è avvenuto in precedenza, in una fase primaria, nello specifico nella fase di raccoglimento (Davis, 2018).
Se durante la terapia la percezione di sé aumenta e cambiano anche tutte le manifestazioni del Sé, all’inizio del percorso terapeutico la persona mostra, però, le sue caratteristiche caratteriali. Per baypassarle, bisogna prestare attenzione a non assecondare le richieste implicite. Ricordo una paziente schizo-orale che aveva acconsentito a fare terapia corporea immediatamente con una fiducia quasi cieca e miracolosa, come se il trattamento la potesse guarire di colpo. Questo atteggiamento si è rivelato, però, una trappola caratteriale, tipica del suo funzionamento: infatti era tipico della paziente buttarsi totalmente nelle cose, aggrapparsi alle persone o ritirarsi sdegnosamente. È importante quindi per il terapeuta prestare attenzione al funzionamento della persona, che inizialmente mostrerà tutte le caratteristiche dell’armatura caratteriale, e non cadere nella trappola dei bisogni non soddisfatti tipici della corazza.
Viceversa, occorre prestare attenzione a non confondere un bisogno che deriva dalla struttura caratteriale con un desiderio, che è una spinta che proviene dal Sé originario. Faccio l’esempio di un paziente narcisista-precoce, che, iniziata una relazione con una persona con la quale provava un’intimità mai sperimentata prima, ma che non aveva un aspetto piacevole, si tormentava perché desiderava una relazione completa e piena con una donna anche gradevole fisicamente, mostrando in questo modo il proprio desiderio di unità e integrità. Considerando che ogni affermazione del paziente viene letta in relazione al rapporto che ha con sé stesso, desiderare una relazione piena e completa rispecchiava ciò che desidera per sé stesso: unità e interezza, che per un narcisista diventa un passaggio importante verso l’integrazione della scissione difensiva. Aggiungo che il paziente a questo stadio mostrava preoccupazione per l’altra persona “non voleva illuderla e farla soffrire”, temi del tutto nuovi per lui, che mostrava, così, l’aspetto più tenero di sé stesso. Ancora una volta siamo di fronte alla manifestazione del Sé originario e lo spazio terapeutico diventa lo spazio entro il quale la pulsazione si manifesta e trova un riscontro di accettazione. L’atteggiamento di accettazione, di ascolto, di apertura del terapeuta diventa lo
spazio entro il quale la persona può accomodarsi. Il terapeuta rispetta i tempi della pulsazione dell’altro, dato che tutto ciò che viene esposto rispecchia in qualche modo un modo di funzionare che diventa il filo rosso che accomuna tutto il narrato. Osservare e cogliere come pulsa la persona diventa il focus per rilevare se ci sono dei cambiamenti, e in quale misura e in che direzione si stiano muovendo. Quando il processo di instroke si mobilizza, il terapeuta inizia a cogliere differenze di funzionamento in direzione di una maggiore condensazione. (vii)
Potremmo osservare, ad esempio, che una persona che prima aveva fantasie aggressive inizia a convogliare la propria rabbia verso azioni sane di autoaffermazione, come chiedere un aumento al lavoro, esprimere apertamente la propria opinione o litigare con la moglie. Appurato che si trattava solo di fantasie, queste iniziano ad assumere una forma diversa a partire da un miglior contatto con il Sé. Attraverso un lavoro verbale e corporeo la persona inizia a cogliere ciò che le è necessario per evolversi nella vita. Il movimento avviene dal basso verso l’alto: approfondendo sempre di più il processo di instroke, la persona ha accesso a uno “stato in cui è presente ma non cosciente”, per citare un mio paziente. Le informazioni che le sono necessarie emergono e strutturano un nuovo modo di pensare e di muoversi nel mondo. Il proprio spazio interiore si approfondisce e dà vita a uno spazio esteriore diverso: “ho capito perché volevo diventare una cantante perché così mio padre mi avrebbe considerava… io suonavo e lui veniva da me, ora che non lo voglio più… non mi interessa più, la mia relazione con papà è cambiata”. Il materiale biografico emerge in modo naturale, senza doverci lavorare e giunge alla coscienza nella misura e nella quantità che possono essere integrate dalla persona. La pulsazione si muove tanto dentro, quanto all’esterno in un movimento continuo che ridefinisce, più diventa profonda, libera e fluida, la struttura della persona. Lo schizoide si allarga, l’orale trova i propri nutrienti, il simbiotico si differenzia… ogni persona, indipendentemente dalla propria struttura caratteriale, ritrova uno spazio
personale a partire da sé stessa e ripercorre velocemente quella linea evolutiva che era stata interrotta (viii). Il piano evolutivo rimane integro, e con esso la ricchezza dell’unicità che caratterizza la persona.
Questo metodo consente di giungere alla piena realizzazione di ciò che da sempre eravamo destinati ad essere, la versione migliore di noi stessi.
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Per approfondire: www.functionalanalysis.org
(i) Davis riprende i termini outstroke-instroke dal suo maestro C. Kelley (1974). Ogni organismo e ogni sistema pulsa in un moto continuo che è caratterizzato da instroke e outstroke che definiscono la direzione del movimento (Davis, 1991). Kelley (2004) rivisitò la formulazione originaria di Reich (2010) – che parlava di pulsazione in termini di espansione e contrazione, considerando questi movimenti di pari livello – in termini di instroke e outstroke in considerazione del fatto che l’organismo si avvicina spontaneamente al piacere e si allontana da una fonte di dolore. L’instroke indica una modalità improntata alla protezione e al ritiro, mentre l’outstroke una modalità improntata all’iniziativa, all’esplorazione e all’avventura. Dobbiamo anche tenere presente che l’outstroke e l’instroke si
corrispondono in ogni movimento e in ogni fase pulsatoria, cioè si equivalgono in termini di struttura, di intensità e di ampiezza. Questo vuol dire che se c’è un blocco nell’instroke, il movimento risulterà limitato non solo in questa fase, ma anche nella fase di outstroke. Quindi se nella fase di outstroke, l’organismo non raggiunge pienamente la periferia producendo un’azione, ma si blocca prima, avremo sicuramente anche un instroke bloccato e limitato. Generalmente l’outstroke ha una qualità espansiva, è un movimento verso l’esterno, mentre l’instroke ha una qualità di condensazione, ha una forza di accumulo, di raccoglimento delle informazioni e dell’energia. Nell’AF, Davis ha mantenuto i termini instroke e outstroke con l’intenzione di indicare la direzione del movimento, senza attribuirvi una qualità specifica, in modo da conservarne la neutralità qualitativa, affermando che se si attribuiscono qualità a priori si redefinisce l’esperienza che, di fatto, va, invece, calata nel contesto. È la qualità del movimento che definisce l’esperienza, non tanto la sua direzione (Davis, 1999).
(ii) L’anisotropia spiega il motivo per cui si può lavorare sulla testa di un paziente e ottenere un risultato diverso rispetto a quando si tocca un’altra persona nella stessa zona; quindi si può dire che il sistema cambia a seconda dell’organizzazione dell’organismo. Analogamente, si potrà lavorare su una zona della testa del paziente in una seduta e di nuovo sulla stessa zona nella successiva e avere una risposta-esperienza differente.
(iii) Tensegrità è un termine coniato da Richard Buckminster Fuller e indica una caratteristica attribuita agli oggetti i cui componenti usano trazione e compressione in modo combinato così da fornire tensione- esistenza, integrità-stabilità. Prendendo l’esempio dell’elastico, questo si può allungare fino a quando la tensione inizia a essere eccessiva ed esso improvvisamente si spezza. Il risultato non è la separazione lenta delle fibre, come avviene per i muscoli, bensì una rottura totale e completa, come accade quando si infrange un vetro con un colpo solo. La rottura si diffonde in tutto il sistema, come avviene nello schizoide che, quando le difese non reggono più, ha di colpo la sensazione di andare in pezzi (Davis, 1997-8). Dato che il tessuto connettivo presenta una vascolarizzazione molto minore rispetto ai muscoli, esso è meno sensibile e può quindi reggere lo stress senza che l’organismo ne soffra e se ne accorga (infatti si può essere rigidi senza esserne consapevoli); la sua minore vascolarizzazione e il metabolismo più lento comportano, inoltre, tempi più lunghi affinché si metta in moto un processo di guarigione.
(iv) Più l’organismo è maturo, più è riuscito a sviluppare capacità muscolari e cognitive, e più la difesa si realizza a livello neuromuscolare e periferico; se l’organismo, è meno evoluto, disporrà di difese primarie, come avviene negli organismi unicellulari (Reich, 1964).
(v) Il lavoro di Reich (1989) prevedeva l’accrescersi dell’energia, un caricarsi al massimo e poi rompere le difese e ottenere la scarica catartica. Davis (1991) sostiene, invece, che tutti i problemi che affliggono gli esseri umani, qualsiasi ne sia il contenuto, hanno a che fare con un’unica cosa: un eccesso di energia che il sistema non è in grado di elaborare. Il problema di base dell’organismo o di un sistema è per l’autore l’intensità della carica di energia che è possibile metabolizzare; non è tanto una data situazione o una data emozione a essere percepita come una difficoltà, ma piuttosto l’intensità della stessa. L’organismo percepisce quell’elemento come minaccioso perché non è in grado di elaboralo, di assorbirlo o di integrarlo nel sistema. L’organismo o il sistema è in questo caso carico di energia che va in corto circuito: se c’è un problema è perché vi è una carica eccessiva di energia (Davis, 1991)
(vi) G. Ferri, G. Cimini (2002) scrivono: “Se proviamo a guardare la cellula come totalità, in primo luogo constatiamo che essa è caratterizzata da un limite esterno, la membrana cellulare, che separa il sistema vivente-il Sé, per così dire, dall’ambiente circostante, l’Altro da Sé (pag. 68). H. Morowitz afferma: “Il fatto che una membrana si richiuda su sé stessa formando una vescicola rappresenta un chiaro passaggio dalla non vita alla vita”.
(vii) Questo movimento è lo stesso dell’energia che va verso nuclei di condensazione per poi dissolversi.
(viii) Considerando che tutti i sistemi sono autoreferenziali, anche l’essere umano si riferisce primariamente a sé stesso, pertanto, in modo autopoietico, sa cosa gli è necessario per stare bene (Facchini, 2009); ne consegue che quando il processo di instroke viene innescato, la persona lo riconosce come un movimento naturale e spontaneo.